Giardini Pubblici
Palermo, Teatro Massimo
Bergamo, Teatro Donizetti
Bergamo, Teatro Donizetti
Le origini del teatro dedicato a Donizetti
Il Teatro Donizetti di Bergamo ha una storia complessa. Nasce nel XVIII secolo, assumendo inizialmente il nome del suo costruttore, Bortolo Riccardi, produttore e commerciante di seta.
Nel cuore della Bergamo Bassa si svolgeva, al tempo, l’antica Fiera di Sant’Alessandro, grande mercato annuale che aveva come baricentro l’attuale Piazza Dante, dove era posto un vasto quadrilatero in muratura, che ospitava 540 botteghe ordinate su più file. Il complesso era punto di riferimento delle attività commerciali, luogo d’incontro e di divertimento.
Durante la Fiera, nella zona venivano eretti i Teatri Provvisionali, fabbricati in legno, che dovevano essere smontati alla fine delle attività fieristiche. Ottenuto un terreno dal Comune e dall’Ospedale Maggiore, Bortolo Riccardi, aggirando le norme cittadine, realizzò un suo teatro con basi in muratura. Il fatto suscitò polemiche vivaci, tuttavia il teatro, progettato da Giovanni Francesco Lucchini, fu inaugurato il 24 agosto 1791. La pianta della sala, a ellisse allungata, garantiva una perfetta visibilità e un’ottima acustica.
Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio 1797 un incendio doloso a sfondo politico distrusse interamente l’edificio, che fu poi ricostruito tutto in muratura e aperto per la Fiera del 1801. Da quell’anno al 1809 la programmazione del Riccardi fu dominata dall’attività di Giovanni Simone Mayr – maestro di Gaetano Donizetti – che allestì con successo alcune sue opere.
Alle stagioni del Riccardi parteciparono i più apprezzati cantanti, tra cui i soprani Giuditta Pasta e Giuseppina Strepponi nonché il tenore Giovan Battista Rubini. Nel 1840 Gaetano Donizetti, accolto con entusiasmo dal pubblico e da Simone Mayr, fu ospite alla rappresentazione della sua opera L’esule di Roma. Fu questa l’unica presenza del compositore nel teatro bergamasco.
Teatro Donizetti: il restauro del 1869
Nel 1869 vennero effettuati alcuni lavori di restauro interni, mentre all’esterno si ebbe il rifacimento della primitiva facciata porticata. Tra gli avvenimenti delle ricche programmazioni si ricorda la ͞Gran Serata di Gala͟ organizzata per la rappresentazione dell’Otello di Verdi alla presenza di Re Umberto I; per questo evento il teatro fu «splendidamente illuminato a giorno».
Nel 1897, anno centenario della nascita di Gaetano Donizetti (1797-1897), il teatro venne intitolato all’illustre musicista. Nell’occasione si organizzarono grandi festeggiamenti e presero il via importanti lavori di rinnovamento dell’edificio, che fu dotato di una nuova facciata, opera dell’architetto Pietro Via.
Ai cinque finestroni centrali del prospetto furono incisi titoli di opere di Donizetti: Lucia, Favorita, Don Sebastiano, Don Pasquale, Linda. Fu rimaneggiato e abbellito anche l’interno. Un intervento di pregio fu effettuato sugli stucchi dorati, che impreziosiscono le pareti del foyer e che presentano, inseriti in bianche cornici, volti di fanciulle ornati da delicati rami.
La sala del teatro venne arricchita dalle decorazioni del pittore Francesco Domenghini, artista di ingegno e grande esperto di tecniche pittoriche, che affrescò il soffitto con figure inneggianti al trionfo dell’arte musicale, circondate nella cornice da figure allegoriche e angeli. Sui palchi di proscenio l’artista dipinse putti danzanti e sulle tre file dei palchi festoni intrecciati da nastri. Al centro dell’arcoscenico fu posto un orologio sorretto da fanciulle. Al piano superiore dell’avancorpo del teatro, nel 1898 furono realizzate alcune sale, dipinte dai pittori Alberto Maironi (il soffitto della sala centrale, oggi Sala Riccardi) e Achille Filippini Fantoni (la sala di lettura, oggi Sala Missiroli), che eseguì anche altre decorazioni in collaborazione con il pittore Fermo Taragni.
Anni ’30: il Teatro Donizetti diventa proprietà del Comune di Bergamo
Alla fine degli anni Trenta il teatro divenne proprietà del Comune di Bergamo. Il 1937 segnò l’avvio della manifestazione ͞Teatro delle Novità (1937-1973), un laboratorio sperimentale che valorizzò sotto ogni aspetto (musicale, scenografico, esecutivo) la produzione di nuove opere italiane. L’iniziativa, voluta e organizzata da Bindo Missiroli, con l’apporto di Franco Abbiati, Gianandrea Gavazzeni e Sandro Angelini, si è qualificata come una delle più significative proposte della vita culturale dell’Età Contemporanea.
Ancora a Bindo Missiroli si deve la promozione della ricerca e della proposta in scena delle opere dimenticate di Donizetti, che ha dato inizio alla “Donizetti Renaissance”, e la presenza dei più celebrati musicisti e interpreti di chiara fama, come il soprano Maria Callas nella Lucia di Lammermoor del 1954. Nei primi anni Sessanta l’Amministrazione Comunale ha promosso significativi interventi sull’edificio. Sono stati rinnovati vari spazi interni e realizzati nuovi ambienti, tra i quali il Ridotto, arricchito da un affresco che rappresenta un ͞Teatro del Mondo, una scena fissa in cui si muove la storia degli uomini e delle arti.
Il Ridotto, oggi intitolato a Gianandrea Gavazzeni, è stato ampliato a seguito di un significativo progetto che ha modificato i contorni del fabbricato. Fra il 2007 e il 2008 sono stati infine effettuati lavori di varia innovazione nelle sale del secondo piano e interventi di restauro e illuminazione notturna della facciata, che hanno donato al teatro un nuovo aspetto suggestivo.
I nuovi lavori di restauro del teatro
A ottobre 2017 sono partiti i nuovi lavori di restauro e ristrutturazione che trasformano il Teatro Donizetti in una vera e propria casa della cultura da frequentare tutto l’anno. Un luogo dinamico, vissuto dalla città come spazio pubblico, prestigioso e familiare. Grazie ai numerosi eventi che si sono alternati al suo interno il Teatro diventa il tempio della pluridisciplinarietà, della qualità e delle eccellenze culturali e artistiche, per tutti e soprattutto per i nostri giovani.
Napoli, Teatro Mercadante
Piazza San Francesco, Tomba di Dante, Teatro Alighieri
Tomba di Dante, Piazza San Francesco
Basilica di Santa Maria in Porto
Basilica di Santa Maria in Porto
Costruita nel corso del XVI secolo, la fastosa facciata della Basilica di Santa Maria in Porto fu modificata nella seconda metà del XVIII secolo dall’architetto Camillo Morigia, sovrapponendo lo stile neoclassico al barocco oggi visibile nella parte inferiore.
L’interno, grandioso e solenne, è diviso in tre navate con un ampio transetto sormontato da un’alta cupola. Sul lato sinistro si trova una scultura in marmo a bassorilievo, forse di fattura veneziana, databile tra l’XI e il XII secolo, raffigurante la vergine Maria in atteggiamento orante. L’immagine è conosciuta col nome di “Madonna Greca” poiché, secondo la tradizione, essa giunse miracolosamente a Ravenna da Costantinopoli.
Parco Archeologico di Paestum
Parco Archeologico di Paestum
Alla fine del VII secolo a.C., i cittadini della città magnogreca di Sibari (nell’attuale Calabria) vollero possedere un caposaldo sul mare Tirreno, oltre che sullo Ionio, per commerciare con gli Etruschi. Viaggiarono da mare a mare: da qui la possibile origine del nome della città che fondarono, Poseidonia, che richiama per l’appunto il dio del mare. Fu a cavallo tra VI e V secolo a.C. che la città acquisì il volto che ancora oggi conosciamo, con l’ampia agorà al centro e i due santuari principali ai due lati. Fortuna, ricchezza e influenza della cultura greca non vennero meno neppure quando, sul finire del V secolo a.C., i dominatori della città cambiarono: la popolazione lucana, che abitava i monti selvaggi dell’entroterra, prese il comando di diversi luoghi della Campania tra cui anche Poseidonia. E il suo nome fu cambiato in Paistom. I Romani s’impadronirono della città nel 273 a.C., le cambiarono nome in Paestum e vi insediarono una colonia di diritto latino, una comunità autonoma dal punto di vista amministrativo ma legata alla madrepatria. Tra Roma e la città campana i rapporti furono strettissimi: i pestani divennero socii navales, alleati che in caso di bisogno dovevano fornire navi all’urbe, e dimostrarono più volte la propria fedeltà durante le prime due guerre puniche. E dopo aver garantito ai romani un approvvigionamento di grano sufficiente a resistere all’assalto di Annibale a Taranto, Paestum venne ricompensata con la possibilità di battere moneta propria. In sintesi, la Paestum romana si riconfermò una città ricca e vitale.
Nel Rinascimento, Paestum era solo un vago ricordo, citata da pochi letterati che descrissero quel che vedevano dell’antica città; fu nella metà del Settecento che avvenne la vera riscoperta grazie – si dice – a dei disegni eseguiti dal conte Felice Gazola che giunsero a Parigi e furono prontamente pubblicati. A Paestum i viaggiatori del Grand Tour avevano la possibilità di ammirare la grecità senza recarsi in Grecia e così sui suoi templi si costruì una nuova stagione degli studi classici. Visitando l’area nel 1758, Winkelmann elaborò la sua teoria sull’arte greca; vent’anni dopo Giovanni Battista Piranesi ne fece il soggetto di superbe tavole; nel 1787, Johann Wolfgang Goethe credette di riconoscere nei templi dorici la perfezione dell’arte classica. E da allora Paestum è diventata una grande destinazione di turismo culturale e archeologico.
Milano Marittima, Arena dello Stadio dei Pini
Milano Marittima, Arena dello Stadio dei Pini
Lo stadio Germano Todoli, detto dei Pini, è un impianto sportivo di Cervia, in località Milano Marittima. La sua creazione risale al 1938-39, epoca in cui la cittadina stava acquisendo una più definita fisionomia (a una decina di anni prima risale infatti il decreto ministeriale che riconosceva Cervia come Stazione di cura, soggiorno e turismo). Battezzato “Stadio dei Pini” il complesso è da allora la casa della squadra locale; nel 1997 è stato dedicato a Germano Todoli, in onore del presidente delle migliori stagioni del Cervia. Importanti lavori di ristrutturazione sono stati effettuati nel 2004 e nel 2009.
Nell’estate 2020 l’area verde adiacente lo Stadio sarà trasformata in un’arena per spettacoli dal vivo, appositamente allestita per ospitare la rassegna Per l’alto sale – Il Trebbo in musica 2.0, con cui Ravenna Festival torna a Cervia.